Lesione del legamento crociato posteriore
Uno dei legamenti più resistenti del ginocchio è il legamento crociato posteriore. Esso è uno stabilizzatore primario che limita lo slittamento del piatto tibiale posteriormente rispetto ai condili femorali. La sua funzione secondaria è quella di limitare l’eccessiva rotazione esterna del ginocchio.
La complessa forma tridimensionale è indispensabile per attuare la sua funzione lungo tutto l’arco di movimento del ginocchio ed è in perfetta sinergia funzionale con il legamento crociato anteriore.
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Il meccanismo di lesione
Il meccanismo di lesione è sempre la conseguenza di un trauma significativo. Il meccanismo classico è quello della lesione da cruscotto, con la parte superiore della tibia che urta violentemente il cruscotto dell’auto durante in incidente automobilistico.
Frequenti sono anche i traumi che avvengono durante attività sportive di contatto, come nel rugby o nel football americano o, anche, durante una partita di calcio. Le parole lesione e rottura sono da considerarsi, in questi casi, sinonimi.
La sintomatologia
La sintomatologia dipende dalla tipologia della lesione. Se si tratta di una lesione isolata o se vi sono lesioni associate. Nelle lesioni isolate spesso la sintomatologia consiste nella sola sensazione di instabilità del ginocchio in alcuni movimenti e il dolore si attiva dopo un’attività sportiva o una prolungata stazione eretta. Se vi sono lesioni associate la sintomatologia è maggiore e dipende in gran parte appunto dalle lesioni associate presenti. In generale tutte le lesioni associate aumentano la sensazione di instabilità ed il dolore.
La diagnosi viene fatta con una visita accurata che verificherà lo scivolamento posteriore della tibia rispetto al femore, confermato da una radiografia ed una risonanza magnetica. La risonanza in generale va fatta dopo una settimana dalla lesione e assicura una accuratezza diagnostica vicina al 100%.
Il trattamento
Il trattamento può essere sia conservativo che chirurgico. Nei pazienti sedentari con scarse richieste funzionali o, comunque asintomatici, il trattamento consiste in una intensa rieducazione muscolare e nella scelta di attività sportive meno traumatiche per l’articolazione.
In pazienti sintomatici l’indicazione è chirurgica. L’intervento viene eseguito con tecnica open o artroscopica. Oggi si preferisce la tecnica artroscopica, che permette la ricostruzione con minima invasività e maggiore precisione nel posizionamento del neo-legamento. In generale si preferisce sostituire il legamento rotto con i tendini semitendinoso/gracile, autologhi, ripiegati ad ansa e fissati al femore con viti ad interferenza metalliche o in materiale a lento riassorbimento. Nei casi più complessi con lesioni associate si può ricorrere a trapianto da cadavere o eterologo (suino) per limitare l’impatto chirurgico. Sono disponibili anche tendini sintetici che offrono una buona soluzione clinica.
La riabilitazione
La riabilitazione è fondamentale per la buona riuscita dell’intervento. Il paziente esce dalla camera operatoria con un apposito tutore dotato di cuscinetti di spinta, la regolazione del tutore e il suo corretto posizionamento sono molto importanti, soprattutto nelle prime fasi. Il drenaggio articolare viene rimosso dopo 48 ore dall’intervento e da quel momento comincia la riabilitazione.
La ripresa della mobilità articolare
La mobilizzazione deve essere continua e non forzata e il dolore deve essere tenuto sotto controllo per evitare contratture che ritardano la ripresa. Può essere utilizzato anche un Kinetec (sistema di mobilizzazione continua passivo) che aiuta molto la mobilizzazione in assenza di dolore.
Successivamente l’attenzione si sposta verso la tonificazione muscolare e sulla ripresa della deambulazione. I tempi sono molto variabili in base alle condizioni articolari, alla situazione biologica e al carattere del paziente. In generale, il paziente riacquista la stazione eretta dopo 2/3 giorni e deambula con doppio bastone e carico sfiorante. Per tornare alla deambulazione normale ci vogliono circa 45 giorni. Per la ripresa dell’attività sportiva si possono impiegare anche sei mesi.