Skip to main content

Autore: admin

Realtà aumentata nell’intervento di protesi al ginocchio: l’Ortopedia di Tortona fa scuola

L’Ortopedia di Tortona fa scuola, grazie alla robotica che ha raggiunto vette inimmaginabili e alla collaborazione con il più grande esperto di chirurgia robotica ortopedica. Il chirurgo australiano Chris Roberts, che si divide tra il Mater Private Hospital di Sidney e il Northern Beaches Hospital di Frenchs Forest, è stato tra i primi utilizzatori del robot ortopedico nel suo paese.

Personalizzazione nel posizionamento della protesi di ginocchio

Nel reparto di Ortopedia dell’ospedale di Tortona ha assistito ad alcuni interventi di protesica di ginocchio realizzati con l’ausilio della realtà aumentata. La nuova tecnologia che da oltre un anno ha reso questo uno dei più rinomati centri in cui essa è praticata. Non a caso Giancarlo Bonzanini, direttore della struttura di Ortopedia, fa parte di un gruppo di esperti europei utilizzatori della realtà aumentata nella protesi di ginocchio.

La personalizzazione nel posizionamento della protesi di ginocchio offre risultati decisamente migliori rispetto agli interventi praticati con le metodologie tradizionali. Le protesi del ginocchio devono essere diverse per ogni diverso paziente e le differenze possono essere minime, si esprimono spesso in pochi millimetri o gradi.

La metodica, estremamente innovativa, ha l’obiettivo di migliorare l’applicazione chirurgica della tecnologia e di sviluppare centri dedicati all’apprendimento per i chirurghi ortopedici che si vogliono confrontare ed apprenderla.

Lesione del legamento crociato anteriore

Uno dei legamenti più importanti e più studiati del ginocchio è il legamento crociato anteriore. Innanzitutto, per la sua funzione di stabilizzatore primario passivo del ginocchio. Ed anche perché è il legamento che più frequentemente è soggetto a rottura traumatica.

L’articolazione del ginocchio

LCA, 2 fasci. Preparazione su cadavere
LCA, 2 fasci. Preparazione su cadavere

L’articolazione del ginocchio è complessa dal punto di vista anatomico e, allo stesso tempo, fondamentale per assicurare una buona mobilità con una ottima stabilità. La stabilità è indispensabile per assicurare un punto fermo sul quale scaricare il peso del corpo al suolo. La forma del L.C.A. gli permette di funzionare assicurando appunto mobilità e stabilità.

La funzione principale del legamento crociato anteriore

La funzione principale del legamento crociato anteriore è quella di opporsi agli slittamenti anteriori della tibia sul femore. Altre funzioni sono quelle di opporsi alla iperestensione del ginocchio (varo – valgo) ed alle forze che agiscono da dentro e fuori la tibia rispetto al femore. Il legamento crociato anteriore è composto da due fasci ed è posizionato tra il femore e la tibia. La sua è una vascolarizzazione di tipo terminale, difatti se si rompe il vaso afferente non vi sono vie alternative che consentono la vascolarizzazione. Ecco perché, in caso di rottura, non vi sono probabilità che possa guarire da solo, ma va sostituito interamente.

I traumi distorsivi

 Il meccanismo classico che porta ad una lesione è un trauma distorsivo del ginocchio, con il ginocchio in semi flessione. Questo accade frequentemente durante una attività sportiva o ricreativa, così come durante un cambio di direzione nella corsa o in seguito a un atterraggio da un salto o in un contatto con il terreno di gioco. A volte il trauma è la conseguenza di una torsione del corpo con il piede fisso al terreno.

La sintomatologia

La sintomatologia, nel caso di una lesione isolata, appare nell’immediato abbastanza lieve. Il soggetto riprende a camminare e solo il giorno seguente si ritrova con il ginocchio gonfio di sangue (emartro) e impossibilitato a camminare. In caso di trauma serio, laddove vi sono lesioni associate, la sintomatologia può essere imponente con l’impossibilità di appoggiare il piede al suolo per il troppo dolore.

Il trattamento della lesione

Schema prelievo dal tendine rotuleo
Schema prelievo dal tendine rotuleo

Il trattamento è quasi sempre chirurgico. Solo in pazienti ultrasessantenni in particolari condizioni è consigliabile il trattamento conservativo, in tutti gli altri casi è indispensabile la ricostruzione chirurgica. Il trattamento è in artroscopia, per il basso impatto chirurgico e per la maggiore velocità della ripresa delle attività lavorative e ricreative. Oggi le tecniche di ricostruzione sono abbastanza standardizzate. Le differenze sono relative a quale tessuto utilizzare per la sostituzione e quale metodo utilizzare per la fissazione del neo-legamento all’osso. I tendini autologhi più utilizzati sono il semitendinoso e gracile oppure il tendine rotuleo.

I diversi metodi di intervento

L’utilizzo del gracile e semitendinoso permette una riabilitazione facilitata. Negli ultimi anni la tecnologia ci ha messo a disposizione anche la possibilità di usare allograft da cadavere o anche tessuto eterologo da suino. I risultati sono incoraggianti, mancano ancora però statistiche sugli esiti nel lungo periodo. Esistono anche tendini sintetici che vengono spesso usati come augmentation, cioè rinforzo di un trapianto che si teme non sia abbastanza resistente.

I sistemi di fissazione all’osso più utilizzati sono “a sospensione” oppure “ad interferenza”. Il sistema a sospensione si fissa all’osso e poi il neo-legamento è fissato al sistema con fettucce in dacron molto resistenti.

Il sistema ad interferenza blocca il neo-legamento con dei chiodi o pins trasversali che ne aumentano il volume e lo bloccano nel tunnel osseo. A livello tibiale il sistema più utilizzato è quello della vite ad interferenza che schiaccia e blocca il neo-legamento sulla parete del tunnel tibiale.

C’è poi un metodo ibrido che in letteratura garantisce i migliori risultati, con utilizzo per il femore del sistema a sospensione e sulla parte tibiale del sistema ad interferenza con le viti.

In pazienti che necessitano di una ripresa più veloce si associa nei tunnel ed in articolazione l’utilizzo di fattori di crescita piastrinici (PRP/PGF) che accelerano l’incorporazione del neo-legamento all’osso e ne facilitano la maturazione biologica.

Riabilitazione

Il paziente lascia la sala operatoria con un drenaggio articolare e con una ginocchiera che limita i movimenti ai massimi gradi di flessione ed estensione che sono quelli pericolosi per il neo-legamento. La ginocchiera verrà poi regolata progressivamente durante le visite di controllo in base alle condizioni cliniche.

Dopo 48 ore, si rimuove il drenaggio e si inizia la fase riabilitativa. Dopo ulteriori 48 ore il paziente può andare a casa deambulando con doppio bastone ed appoggio sfiorante. La prima fase della riabilitazione è dedicata alla ripresa della mobilità e motilità articolare con esercizi passivi ed attivi sotto attento controllo di un riabilitatore.   

La ripresa può essere facilitata ed accelerata utilizzando un Kinetec, cioè una macchina per la mobilizzazione passiva continua. Per i primi due mesi e mezzo verranno eseguiti esercizi per il rinforzo muscolare, soprattutto dei flessori del ginocchio, evitando alcuni esercizi del tipo leg extension con pesi, che mettono in eccessiva tensione il neo-legamento e possono romperlo.

Solitamente la deambulazione torna normale dopo 45 giorni, per cui è possibile la ripresa della attività lavorative. Mentre per l’attività sportiva bisogna attendere 6/9 mesi.

Lesione del legamento crociato posteriore

Uno dei legamenti più resistenti del ginocchio è il legamento crociato posteriore. Esso è uno stabilizzatore primario che limita lo slittamento del piatto tibiale posteriormente rispetto ai condili femorali. La sua funzione secondaria è quella di limitare l’eccessiva rotazione esterna del ginocchio.  

La complessa forma tridimensionale è indispensabile per attuare la sua funzione lungo tutto l’arco di movimento del ginocchio ed è in perfetta sinergia funzionale con il legamento crociato anteriore.

Inserzione femorale del LCP

Il meccanismo di lesione

Il meccanismo di lesione è sempre la conseguenza di un trauma significativo. Il meccanismo classico è quello della lesione da cruscotto, con la parte superiore della tibia che urta violentemente il cruscotto dell’auto durante in incidente automobilistico.

Frequenti sono anche i traumi che avvengono durante attività sportive di contatto, come nel rugby o nel football americano o, anche, durante una partita di calcio. Le parole lesione e rottura sono da considerarsi, in questi casi, sinonimi.

La sintomatologia

La sintomatologia dipende dalla tipologia della lesione. Se si tratta di una lesione isolata o se vi sono lesioni associate. Nelle lesioni isolate spesso la sintomatologia consiste nella sola sensazione di instabilità del ginocchio in alcuni movimenti e il dolore si attiva dopo un’attività sportiva o una prolungata stazione eretta. Se vi sono lesioni associate la sintomatologia è maggiore e dipende in gran parte appunto dalle lesioni associate presenti. In generale tutte le lesioni associate aumentano la sensazione di instabilità ed il dolore.

La diagnosi viene fatta con una visita accurata che verificherà lo scivolamento posteriore della tibia rispetto al femore, confermato da una radiografia ed una risonanza magnetica. La risonanza in generale va fatta dopo una settimana dalla lesione e assicura una accuratezza diagnostica vicina al 100%.

Il trattamento

Lesione del LCP in RMN Dottore Monteleone
Lesione del LCP in RMN

Il trattamento può essere sia conservativo che chirurgico. Nei pazienti sedentari con scarse richieste funzionali o, comunque asintomatici, il trattamento consiste in una intensa rieducazione muscolare e nella scelta di attività sportive meno traumatiche per l’articolazione.

In pazienti sintomatici l’indicazione è chirurgica. L’intervento viene eseguito con tecnica open o artroscopica. Oggi si preferisce la tecnica artroscopica, che permette la ricostruzione con minima invasività e maggiore precisione nel posizionamento del neo-legamento. In generale si preferisce sostituire il legamento rotto con i tendini semitendinoso/gracile, autologhi, ripiegati ad ansa e fissati al femore con viti ad interferenza metalliche o in materiale a lento riassorbimento. Nei casi più complessi con lesioni associate si può ricorrere a trapianto da cadavere o eterologo (suino) per limitare l’impatto chirurgico. Sono disponibili anche tendini sintetici che offrono una buona soluzione clinica.

La riabilitazione

KInetec, sistema di mobilizzazione passiva continua
KInetec, sistema di mobilizzazione passiva continua

La riabilitazione è fondamentale per la buona riuscita dell’intervento. Il paziente esce dalla camera operatoria con un apposito tutore dotato di cuscinetti di spinta, la regolazione del tutore e il suo corretto posizionamento sono molto importanti, soprattutto nelle prime fasi. Il drenaggio articolare viene rimosso dopo 48 ore dall’intervento e da quel momento comincia la riabilitazione.

La ripresa della mobilità articolare

La mobilizzazione deve essere continua e non forzata e il dolore deve essere tenuto sotto controllo per evitare contratture che ritardano la ripresa. Può essere utilizzato anche un Kinetec (sistema di mobilizzazione continua passivo) che aiuta molto la mobilizzazione in assenza di dolore.

Successivamente l’attenzione si sposta verso la tonificazione muscolare e sulla ripresa della deambulazione. I tempi sono molto variabili in base alle condizioni articolari, alla situazione biologica e al carattere del paziente. In generale, il paziente riacquista la stazione eretta dopo 2/3 giorni e deambula con doppio bastone e carico sfiorante. Per tornare alla deambulazione normale ci vogliono circa 45 giorni. Per la ripresa dell’attività sportiva si possono impiegare anche sei mesi.

Lesione del menisco, quando il dolore al ginocchio non passa

L’articolazione del ginocchio è molto complessa sia dal punto di vista anatomico che da quello funzionale. Si tratta, infatti, di un’articolazione sottoposta a carico continuo durante la deambulazione. I menischi articolari, mediale e laterale, visti dall’alto, hanno una forma in sezione triangolare e a semiluna. Essi si muovono continuamente durante la deambulazione e la corsa e sono sottoposti a carchi notevoli, per cui sono spesso soggetti a rottura.

Menisco in artroscopia

Qual è il meccanismo di lesione del menisco

Le lesioni meniscali possono essere “acute”, quando sono la conseguenza di traumi e distorsioni, oppure “degenerative”, provocate da ripetuti microtraumi che hanno danneggiato il tessuto meniscale diminuendone progressivamente la resistenza meccanica.

Sintomatologia

La sintomatologia comune è sicuramente il dolore che aumenta al caricare del ginocchio e che può portare all’impossibilità di flettere ed estendere completamente il ginocchio. Un tipo di lesione meniscale molto particolare è quello dovuto ad una lesione meniscale cosiddetto a “manico di secchio”. Il ginocchio rimane bloccato in posizione semiflessa ed è impossibile l’estensione completa, mentre la flessione è sempre possibile anche se dolorosa. Il blocco in questo caso è meccanico, poiché è il menisco che si interpone tra il piatto tibiale ed il condilo. Talvolta, le lesioni meniscali si associano ad un versamento articolare reattivo che limita ulteriormente la mobilità articolare.

Trattamento della lesione del menisco

Il trattamento della lesione del menisco è nel 90% dei casi chirurgico. Sono rarissime le lesioni meniscali che guariscono da sole o con il riposo o con il trattamento fisioterapico. Il trattamento consolidato è quello artroscopico, senza aprire l’articolazione. L’artroscopia ha rivoluzionato il trattamento delle lesioni meniscali diminuendo drasticamente lo stress chirurgico e migliorando sensibilmente i risultati clinici, a breve e a media distanza.

Lesione meniscale parzialmente trattata con plastica meniscale

​Il trattamento più diffuso è la “plastica meniscale”. In questi casi si utilizzano particolari macchinari che consentono di rimuovere la parte del menisco rotta e non più recuperabile, e di modellare un menisco di minori dimensioni, simile al primo come forma ed con una funzione paragonabile al menisco normale.

 In alcuni casi, per esempio in pazienti giovanissimi oppure in atleti professionisti, se la lesione avviene alla periferia del menisco si può effettuare una sutura meniscale, salvando gran parte del tessuto meniscale. Le suture meniscali hanno come contraltare una riabilitazione lunga e complessa e una percentuale di recidiva, ri-rottura del menisco, alta.

Sutura meniscale

I risultati clinici a breve e media distanza di tempo sono comunque molto buoni. Ma un problema molto frequente, che peggiora l’outcame di queste lesioni, sono le lesioni associate cartilaginee. Le lesioni meniscali provocano una alterazione della normale biomeccanica articolare causando spesso lesioni cartilaginee nel compartimento danneggiato. Ciò avviene, soprattutto, se la lesione non viene trattata precocemente, quando il paziente per problemi personali rimanda troppo l’intervento.

Fino a qualche anno fa queste lesioni erano praticamente intrattabili, oggi grazie a una maggiore conoscenza del trattamento con fattori di crescita piastrinici (PGF/PRP) o con l’ausilio delle cellule staminali o mesenchimali si riesce a trattare con successo anche questo tipo di lesioni.

Riabilitazione, cosa aspetta i pazienti

Il paziente lascia la sala operatoria con un bendaggio compressivo e, in alcuni casi, anche con un drenaggio articolare. Drenaggio che generalmente viene rimosso la mattina successiva all’intervento. Se la lesione è isolata, il paziente la mattina successiva viene dimesso deambulante con ausilio di doppio bastone e carico parziale.

Il paziente può deambulare in casa, ma viene comunque consigliato un periodo di riposo per almeno una settimana. La ripresa della deambulazione corretta e del tono muscolare possono necessitare di una decina di sedute di fisioterapia specifica.